“Dalla terra alla pizza” Intervista a Gabriele Bonci
A cura della redazione de Il Giornale della Pizza
Abbiamo incontrato Gabriele Bonci nel suo regno, tra i profumi intensi di grano e la vivacità creativa del Pizzarium, a due passi dal Vaticano. È uno dei nomi più autorevoli del mondo della pizza, ma quando parla della sua arte, lo fa con la semplicità di chi sa di essere ancora, prima di tutto, un contadino.
GdP: Gabriele, partiamo da una tua frase forte: “Coltivo il grano che uso”. Cosa significa per te questa scelta?
Bonci: Per me è tutto. Significa sapere da dove viene il mio impasto, conoscere la terra che lo ha generato, rispettarla e lavorarla con amore. È un modo per tornare alle origini, per avere il controllo completo sulla qualità e sulla vita del prodotto. Ho voluto riappropriarmi del mio mestiere fino in fondo: non solo impastare, ma anche seminare.

GdP: Quindi non parli solo di filiera corta, ma di filiera personale.
Bonci: Esatto. Coltivo grani antichi, soprattutto nel Lazio, con varietà come farro, gentil rosso, grano saraceno. Sono grani che raccontano una storia, che hanno sapore, che si comportano in modo diverso quando li lavori. Non voglio farine industriali: voglio qualcosa che venga dalla terra e che continui a parlare quando diventa pizza.
GdP: E oltre al grano, sappiamo che coltivi anche frutta e verdura. Quanto è importante per te la stagionalità?
Bonci: È fondamentale. La natura ha il suo ritmo, e io lo rispetto. I prodotti che uso cambiano in base a ciò che l’orto mi offre. In autunno uso zucca, cavolo nero, funghi; in primavera arrivano fave, piselli, carciofi. Questo mi permette di creare una pizza sempre diversa, viva, spontanea. Ogni giorno è un foglio bianco.

GdP: Al Pizzarium si trovano sempre combinazioni sorprendenti. Come nascono?
Bonci: Dall’istinto, ma anche dalla materia prima. Guardo cosa ho a disposizione e cerco il modo più onesto di valorizzarlo. Non amo la spettacolarizzazione fine a sé stessa. Preferisco l’equilibrio, il rispetto dell’ingrediente. La pizza deve essere buona, nutriente, mai banale.
GdP: Oggi tanti parlano di sostenibilità, ma tu l’applichi concretamente. Quanto è difficile sostenere questo modello?
Bonci: È faticoso, richiede tempo, attenzione, e non è economico. Ma è l’unica strada che voglio percorrere. La terra ti ripaga, se la rispetti. E anche i clienti lo capiscono. Vogliono verità, vogliono sapere cosa mangiano. Non basta dire “artigianale”, bisogna esserlo davvero.
GdP: C’è ancora qualcosa che vuoi cambiare, migliorare?
Bonci: Sempre. Il mio lavoro è in continua evoluzione. Sogno di fare scuola, ma una scuola vera, nei campi, nei forni, con le mani sporche di terra e farina. Per me la pizza non è un prodotto, è una responsabilità.